Una giornata speciale

dic
2020
02

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Il porto di Newport

Tutti noi abbiamo nella nostra memoria giornate che, senza annoverare avvenimenti eccezionali, si stampano nella nostra mente per sempre, e tornano di tanto in tanto. Questa che racconto adesso risale a trent’anni fa, eppure è sempre lì, e chissà perché in questo periodo mi capita di tornarci coi pensieri.

Ero con la famiglia a Newport, Oregon. Ne venivamo da due anni in California, eravamo tornati lì altri tre mesi dopo un anno di rientro, e il viaggio nel Nord della California e in Oregon rappresentava la vacanza conclusiva. Passando dal porto, ho visto un negozietto dove affittavano la “cage” per la pesca dei granchi, con annesso tutto l’occorrente. Subito dopo il pranzo in campeggio, parto coi due figli grandi, Andrea di 9 anni e mezzo ed Emanuele di 4, per provare questo tipo di pesca. Ci forniscono di tutto l’occorrente, compreso un pezzo di pesce surgelato come esca e lo strumento per misurare la lunghezza dei granchi catturati. Le leggi lì sono molto severe, si possono prendere solo quelli di un certi tipo, solo i maschi, e solo se raggiungono una certa lunghezza. Partiamo, andiamo sul molo, e cominciamo le operazioni. In acqua non si vede nulla, non ci sono segni se i gamberi arrivano o no, bisogna tirare su  la gabbia ogni tanto. Per mezzora non succede nulla, non vediamo nemmeno un granchio, cominciamo a essere un po’ frustrati. Si avvicina una persona anziana con la moglie, inizia a parlare con Andrea, che ovviamente manovra la gabbia. Io capisco solo “Vietnam veteran”, ma Andrea apparentemente capisce, perché mi spiega che ci sono le foche che mangiano i granchi, e che bisogna essere più rapidi a tirare su (io ovviamente gli dicevo di avere pazienza). E, miracolo, cominciamo a vedere granchi! Dopo un po’ il veterano se ne va, e arriva qualche turista. Andrea acconsente a lasciar provare me,  perché decide che per lui è più divertente fare l’esperto pescatore di granchi, e spiegare ai turisti come si pescano, che si deve fare e perché, e quanto siano dispettose le foche. Io intanto ogni tot tiro su la gabbia, dalla quale escono spesso granchi che corrono qui e là. Si credono di riuscire a scappare, ma c’è Emanuele, che ha imparato dal veterano come si prendono in mano, che li cattura velocissimo e poi ne lancia la maggior parte in acqua, dicendo, alternativamente: It’s a girl! Too short! Wrong type! Siamo andati avanti almeno un paio d’ore, accompagnati da un rumore continuo come di tuono. Stava facendo quasi buio, quando riportiamo la gabbia e lo strumento misuratore al negozio, e decidiamo di provare a seguire il suono per cercare di capire che cosa lo causasse: arriviamo a una spiaggia letteralmente coperta da leoni di mare, che evidentemente conversavano. Rientriamo in campeggio, e mi dico  che no, non è stato un sogno stravagante, ma solo una giornata davvero particolare.

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